Indice di Sviluppo Umano (HDI – Human Development Index)

Lo Human Development Index è uno strumento riconosciuto internazionalmente che misura lo status di benessere delle Nazioni, secondo alcuni indicatori socio-economici. È stato sviluppato nel 1990 da due economisti, il pakistano Mahbub ul Haq e l’indiano Amartya Sen, come valutazione macroeconomica accanto al calcolo del GDP [1]. È curioso come siano stati due economisti originari di due Paesi che, negli anni ’90, cominciavano ad essere considerati Paesi in Via di Sviluppo e non più del “Secondo Mondo”. Oggi l’India è uno dei Paesi Emergenti, assieme a Cina, Brasile, Russia e Sudafrica [2].

L’intento era quello di mostrare un lato più sociale della crescita economica, in quanto dal GDP pro-capite, non emergeva l’ingiusta distribuzione della ricchezza di un Paese, concentrata in realtà nelle mani di pochi. Si cercò quindi di individuare un indice che tenesse conto, oltre al reddito, valori quali l’alfabetizzazione e la speranza di vita.
Le Nazioni Unite adottarono l’HDI a partire dal 1993, per valutare la qualità della vita dei suoi Paesi membri.

Negli anni sono state sviluppate delle formule più specifiche per il calcolo dell’indice e dal Report 2010 viene considerato:

  • Indice di aspettativa di vita (che considera l’aspettativa di vita alla nascita);
  • Indice di istruzione (considerando gli anni medi di istruzione e quelli previsti);
  • Indice di reddito (ovvero il reddito nazionale lordo, in inglese GNI Gross National Income).

L’HDI viene quindi calcolato come media geometria dei 3 indici. La scala dell’indice (con valori in millesimi compresi tra 0 e 1) suddivide i Paesi in 4 quartili: Paesi a sviluppo umano molto alto, Paesi ad alto sviluppo umano, Paesi a medio sviluppo umano, Paesi a basso sviluppo umano.

L’indice è stato calcolato anche in anni precedenti alla sua formulazione ed è quindi possibile trovare dati a partire dal 1943. In 74 anni le Nazioni che si sono alternate al primo posto sono solo 10. Il Giappone ha il record di “medaglie d’oro” con 17 volte al primo posto, l’ultima nel 2006. Segue la Norvegia 16 volte al primo posto, attuale capofila da 5 anni consecutivi. L’Australia è stata al primo posto 11 volte, Canada e Islanda 10 volte, Finlandia 5, Nuova Zelanda 4, Svezia 2 e una sola volta il Belgio nel 1978 e l’Irlanda nel 1976.

Il report 2016 (disponibile in 6 lingue al seguente link) pubblicato nel 2017, vede sul podio la Norvegia con un punteggio di 0.949 e al secondo posto a pari merito Australia e Svizzera con 0.939. Nella top ten sono compresi Germania, Danimarca, Singapore, Olanda, Irlanda, Islanda e Canada. L’Italia è al 24° posto con 0.887 tra la Slovenia e la Spagna, tutto sommato un’ottima posizione. Agli ultimi posti il Chad (186°), il Niger (187°) e la Repubblica Centroafricana (188°).

Anche questo indice ha però i suoi limiti: l’HDI carpisce solo una parte di ciò che comporta lo sviluppo umano, escludendo riflessioni su disuguaglianze, povertà, sicurezza umana o parità di genere. Un quadro più completo dello sviluppo umano di un Paese, richiede l’analisi di ulteriori indicatori.
Per questo motivo il Report 2016 introduce il Sustainable Development Dashboard, una linea guida di indicatori orientati sui pilastri della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica), in accordo anche con gli intendi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite nel raggiungimento dei Sustainable Development Goals. Consumo energetico, emissioni di CO2, progresso sociale, parità di genere e lotta alla povertà e alla fame, sono tutte tematiche che se analizzate e integrate all’HDI possono fornire una realtà diversa per le varie Nazioni.

Facendo per esempio un confronto tra i primi tre Paesi e gli ultimi tre dell’HDI 2016, con i dati di consumo di energia rinnovabile, si vede come la Norvegia sia effettivamente responsabile dal punto di vista energetico consumando per il 58% energia da fonti rinnovabili, ma non ai livelli dei Paesi Africani, mentre confrontando le Nazioni con le emissioni di gas ad effetto serra pro-capite, i Paesi più sviluppati ne hanno la totale responsabilità.

Per valutare quindi un vero indice di sviluppo umano, o per meglio dire di sviluppo equo delle civiltà umane, occorre considerare sia i consumi di risorse che attribuirne una responsabilità delocalizzata. È facile sviluppare e crescere importando risorse da altre Nazioni che poi ne restano prive!

 

 


[1] GDP Gross Domestic Product – PIL Prodotto Interno Lordo

[2] BRICS – Brasile Russia India Cina Sudafrica. E’ l’acronimo con cui vengono identificati i 5 Paesi Emergenti che stanno soppiantando le vecchie economie dei Paesi industrializzati occidentali.

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