Brevi accenni e riflessioni sulla Carbon Footprint

La Carbon Footprint o impronta di carbonio, misura l’emissione di gas serra attribuita ad un prodotto, una azienda o ad un individuo. È una dei comparti dell’Impronta ecologica e ne rappresenta anche oltre il 50% dei consumi; per questo la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra è essenziale per ridurre lo sfruttamento delle risorse.

Il calcolo viene basato sull’individuazione di alcune categorie chiave di sorgenti di emissione antropica come la produzione energetica, i processi industriali, l’agricoltura e l’uso del suolo, la produzione e lo stoccaggio dei rifiuti, il tutto su scala spaziale nazionale e temporale annuale. L’unità di misura è il kg di CO2 equivalente.

L’inventario di gas serra, costituisce lo strumento di monitoraggio e controllo con il quale è possibile individuare i settori da regolamentare e sui quali intervenire maggiormente per garantire una riduzione dei gas serra emessi ai fini del rispetto dell’impegno preso con l’adesione del Protocollo di Kyoto.

Il problema fondamentale legato alla riduzione della Carbon Footprint è che l’utilizzo massivo dei combustibili fossili nel corso degli ultimi due secoli, ha intaccato il ciclo naturale del carbonio, che di per sé è fondamentale per gli esseri viventi in quanto è uno degli elementi chimici principali per costruire le molecole della vita, anzi, è l’elemento sovrano! Con il consumo di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas, l’umanità ha però riportato in superficie e in atmosfera enormi quantità di carbonio che era stoccato ed intrappolato nelle profondità della Terra, distorcendo il bilancio quantitativo del carbonio in circolo nell’ecosistema (il carbonio bio-disponibile), e la colpa è sicuramente umana. Se passassimo all’uso di fonti energetiche rinnovabili ridurremmo sensibilmente le quantità di anidride carbonica emessa, anche se quella in eccesso ormai rimarrà in atmosfera per secoli prima che possa tornare ad essere sequestrata in nuovi giacimenti carboniferi o simili.

Uno spunto di riflessione: i biocombustibili vengono prodotti dalla lavorazione di prodotti vegetali come il mais. Vengono considerati come una fonte energetica rinnovabile perché la materia prima di base è disponibile in tempi rapidi, ma l’uso ne determina un contributo comunque notevole di gas serra. Per questo motivo i biocombustibili vengono osteggiati da molti ambientalisti, che li considerano poco puliti. A differenza però dei combustibili fossili non rinnovabili, la quantità di CO2 emessa da un biocarburante non è altro che la stessa anidride carbonica assorbita dalla pianta durante la sua breve crescita in coltura. Di conseguenza il bilancio di carbonio presente nell’ecosistema non verrebbe alterato. Ah, se solo non avessimo mai scoperto quanto fosse facile bruciare carbone e petrolio! Forse avremmo alimentato fin da subito le nostre prime automobili con scarti vegetali o simili. Il problema dell’inquinamento dell’aria forse ci sarebbe lo stesso, ma sicuramente non staremmo qui a parlare di cambiamenti climatici, e non è poco!

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